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Cassago Brianza la sua storia, le sue tradizioni.

La storia di Cassago, comune della Brianza lecchese, è ricca di fascino. Molto sentita è la tradizione agostiniana presente nel paese, che potrebbe essere identificato con il Cassiciacum citato da S. Agostino. Inoltre ancora oggi rimangono diverse testimonianze della presenza dei nobili Visconti di Modrone, subentrati per via ereditaria ai Pirovano: i ruderi della Villa di famiglia, il Sepolcreto, l'asilo infantile eretto dal duca Guido e la Corte degli Zoia. Chi viene a Cassago, non può tralasciare una visista alla Chiesa parrocchiale intitolata ai Santi Giacomo e Brigida, alla Villa Lurani-Pedroli e alla Villa Romagnoli.

Cassiciacum e le tradizioni agostiniane

Molti ritengono che Cassago Brianza possa essere identificato con il Cassiciacum, dove Sant'Agostino (354-430) si ritirò fra l'estate del 386 e la primavera del 387. Così il futuro Padre della Chiesa descrive questo soggiorno: " ....a Cassiciaco dove in Te riposammo dalla furia del secolo" (Agostino,Confessioni IX, 3.5). Il periodo che S.Agostino trascorse a Cassiciacum, ospite nella villa del suo amico Verecondo, si collocò tra la conversione e il battesimo ricevuto da S. Ambrogio a Milano nella notte tra il 24 e il 25 aprile 387 e fu un periodo particolarmente significativo  per la vita del futuro Padre della chiesa, come ci ricorda in un recente studio anche la ricercatrice inglese Catherine Conybeare: "the moment at Cassiciacum was one of the remarkable freedom and experimentation for Augustine". Oggi è possibile visitare il Parco Storico-Archeologico situato di fianco alla Piazza della CHiesa, vicino all'ingresso posteriore del Palazzo municipale, dove presto sarà possibile visitare anche un Museo dedicato alla Storia di Cassago, che rientra in un più ampio progetto di valorizzazione delle memorie storiche promosso dall'Amministrazione Comunale di Cassago Brianza.

 I Visconti di Modrone a Cassago Brianza

La presenza dei Visconti di Modrone a Cassago Brianza è attestata dalla fine del XVII secolo. Infatti nel 1684 la figlia di Giovanna Pirovano e del conte Antonio Modrone, Teresa Pirovano Modroni (1661-1724) sposò Niccolò Visconti (nipote dell'arcivescovo Federico Visconti) e da lì ebbe origine casata dei Visconti di Modrone, che ereditò anche le proprietà dei Pirovano. Tra questi possedimenti figuravano anche i territori di Cassago Brianza, dove la nobile famiglia aveva una splendida villa, che si trovava all'incirca dove oggi sorge il
Palazzo Municipale e che attualmente non è più visitabile, perché nel 1963 è stata abbattuta. A perenne testimonianza della presenza a Cassago di questa illustre famiglia rimangono oggi i ruderi della villa, che in futuro saranno interessati da un progetto di consolidamento e restauro, e il Sepolcreto dei Visconti di Modrone, chiamato anche Mausoleo di San Salvatore che si trova in località Tremoncino a Cassago, sul territorio confinante con i comuni di Veduggio e Renate. Il Mausoleo venne eretto in elegante stile
neogotico su progetto dell'architetto Giovanni Ceruti (1842-1907) tra il 1883 e il 1887, come dimostrano le recenti ricerche condotte sui materiali documentari del Fondo Visconti conservato presso l'Archivio Storico dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Proprio in questo ricco ed interessante repertorio sono stati rinvenuti i disegni che l'architetto Ceruti eseguì nella fase di progettazione del Mausoleo e alcuni interessanti documenti che hanno consentito di ampliare le conoscenze riguardo a questo importante monumento della storia cassaghese e dell'architetto che lo ha progettato. Oltre alla villa di famiglia e al Mausoleo, i Visconti di Modrone eressero a Cassago anche un asilo infantile, che si trova di fronte alla Piazza della Chiesa. Fu il duca Guido Visconti di Modrone (1838-1902) a voler iniziare la costruzione di tale edificio, che però non poté vedere ultimato perché morì nel 1902. Il 15 novembre 1903 l'asilo infantile venne ufficialmente inaugurato alla presenza del primogenito di Guido, Uberto (1871-1923) che intitolò al padre l'edificio e stipulò una convenzione con le suore della Carità di Sant'Antida di Thouret per la gestione della scuola per l'infanzia.

La chiesa parrocchiale

Dall'uscita posteriore del nuovo Palazzo Municipale si accede alla Piazza dove si trova la Chiesa parrocchiale intitolata ai Santi Giacomo e Brigida. L'edificio fu costruito dopo l'accordo stipulato nel 1756 tra i nobili Pirovano-Visconti e la comunità di Cassago, in base al quale veniva demolita la precedente chiesa medievale e veniva costruito un nuovo edificio poco più a valle del precedente, nell'attuale collocazione. La nuova costruzione venne eretta su progetto dell'architetto Carlo Giovanni Sangalli: essa prevedeva una sola navata centrale, un ampio presbiterio rialzato e tre altari laterali dedicati alla Beata Vergine, a S. Agostino e al Santissimo Crocifisso. Nel 1930 si rese necessario un ampliamento dell'edificio realizzato su progetto dell'architetto Giovanni Barboglio di Bergamo: il presbiterio venne allargato e furono affiancate quattro nicchie alla navata centrale che  ospitarono poi le nuove Cappelle del Crocifisso, di S. Teresina, il fonte battesimale e i Confessionali. Furono aperte anche due nuove entrate laterali e fu aggiunta la maestosa scalinata d'accesso, che ancora oggi occupa il centro della Piazza. Intorno agli anni Cinquanta del Novecento, il parroco don Giovanni Motta (1911-1973) incaricò il giovane pittore Velasco di dipingere le pareti della Chiesa con pitture connesse alla devozione al Sacro Cuore di Gesù.

Il Parco Monumentale

Il Parco Monumentale prende il nome di Rus Cassiciacum, perché vuole ricordare che quest'area è stata al centro della storia di Cassago dall'età romana fino al Novecento. Il Parco sorge in collina in un bellissimo contesto naturale.
"... Di là si progredisce a Cassago, che molti pretendono sia il Cassiciaco, dove si ritirò Sant'Agostino presso Verecondo grammatico, mentre si preparava al battesimo. Qui merita di essere veduto il vasto Palazzo Pirovano-Visconti e la chiesa decorata dai recenti affreschi di Carlo Ronchi. Oh se io fossi, senza danno d'alcuno possessore del Baciolago ! sclamai la prima volta che mi venne veduta questa deliziosissima collina poco discosta da Cassago, coi suoi viali a chiocciola, colla sua vista portentosa, con quel tutto insieme che la rende sì ricercata e vagheggiata. Oh fosse perenne la vita ! dove goderla più felice ? Se non che il poco discosto monumento sepolcrale Visconti che si sta erigendo dall'architetto Clerichetti, ricordano che passano come un lampo i giorni dell'uomo tra i cenci e la porpora, tra le delizie e le miserie."
Spettacolare questa definizione di Cassago di Ignazio Cantù, che non nasconde il suo stupore per la bellezza del luogo. Nella sua Guida per la Brianza, pubblicata a Milano nel 1837 l'autore nativo di Brivio, accenna non solo al palazzo ma anche al grandioso parco che lo circondava e che si estendeva pure sul territorio di Cremella e toccava la sua punta più panoramica sulla sommità del Baciolago.

Rus Cassiciacum

Le antichità archeologiche di Cassago, galliche e romane, erano note già dal tardo Cinquecento, ma è dal 1950 che scavi e scoperte hanno rivelato la storia trimillenaria di questo paese che ospitò sant'Agostino. I reperti più antichi (macroliti e microliti) risalgono al neolitico e indicano il passaggio o stanziamenti sporadici di uomini capaci di lavorare la selce. All'età finale di La Tène risalgono insediamenti in località Pieguzza dove era attiva una fucina per la lavorazione del ferro. La Pieguzza ha restituito abbondante materiale, soprattutto ceramiche, fibule, armille, coltelli.
Quando Roma a partire dal II secolo a. C. riuscì ad imporre il suo dominio sulle regioni al di là del Po e si impadronì delle aree collinari e montane brianzole anche lo stanziamento gallo-celtico di Cassago fu assorbito nell'orbita di influenza romana: lo testimoniano le tombe del Crotto, di via San Marco e i rinvenimenti alla Pieguzza, dove ai manufatti lateniani si sovrappongono le ceramiche della
età repubblicana e imperiale.
Dal I sec. a. C. è certa la presenza di un abitato romano, che viene documentato fino al V-VI sec. d. C. quando il paese subì l'invasione dei longobardi.
La scoperta di due cisterne romane in località Pieguzza indica l'esistenza
nelle vicinanze di una villa rustica, a cui l'acqua veniva condotta con tubature in ceramica. Questa villa probabilmente sorgeva a Cassago, dove sono state scoperte lapidi, iscrizioni, tombe e materiale architettonico romano di età imperiale. Vi abitarono una certa MARILLA e Verecondo che ospitò sant'Agostino. Nel parco storico-archeologico e presso la Raccolta S. Agostino sono conservate ceramiche di stile raffinato, oggetti, iscrizioni e tombe che testimoniano questa presenza continua di un abitato romano dal I sec. a. C. a tutto il V secolo.

Parco S.Agostino

Nelle confessioni S. Agostino ricorda di essersi ritirato a Cassiciaco fra il 386 e il 387 d.C. nella villa di campagna dell'amico Verecondo.
Vi soggiornò con familiari, amici e discepoli, scrisse i Dialoghi e, maturando la sua conversione, si preparò al battesimo, che ricevette da sant'Ambrogio. Di questo luogo, nel Seicento, il card. Federigo Borromeo, che fu a Cassago nel 1608, 1610 e 1624, scrisse: "... io dico, che la leggiadria di questi colli vicini poterono tanto ricreare l'afflitta mente del Beato Agostino, che per la memoria di essi, passato etiandio tanto tempo, allegrandosi disse
"Reddes Verecundò pro rure illo eius Cassiciaco, ubi ab aestu seculi requievimus in te, amoenitatem sempiternae virentis paradisi tui quondam dimisisti ei peccata super terram, in Monte incassato, monte tuo, monte uberi. Ed è verisimil cosa, che la Villa, e la foresta da lui cotanto onorata, sia per ragione della lontananza, e del sito, e del nome, e dell'antichità degli edifici, quella, che hora chiamasi comunalmente Cassago." (De' piaceri della mente christiana, Milano 1625).

Fontana di S.Agostino

Nell'area del Parco, inaugurato nel 1986 dal cardinal Martini, esiste una vasca doppia, comunemente chiamata Fontana di S. Agostinodi cui parla già nel 1854 mons. Luigi Biraghi che scrive trattarsi di un luogo abituale di devozione popolare. La fontana ha una forma rettangolare con un emiciclo laterale (forse due in origine) un cui residuo è di età romana. La sua posizione era prossima al castro medioevale di cui si hanno notizie nel 1200: la località di Cassago era comunque già abitata nel IX secolo come testimonia una pergamena dell'854 che attesta la presenza di nobili longobardi come signori del castro.

Chiesa di S.Brigida Vergine

La chiesa medioevale, che all'epoca di san Carlo diventerà la parrocchiale di Cassago, porta il titolo di S. Brigida Vergine, monaca irlandese del V secolo, fondatrice del doppio monastero di Kildare. Questa titolazione si può riferire all'età carolingia od ottoniana, quando monaci irlandesi percorsero l'Europa evangelizzando intere popolazioni.
La chiesa si trova nell'elenco delle chiese milanesi del XIII secolo scritto dal Bussero nel suo Liber Notitiae Sanctorum Mediolanensis. Nel XIV-XV secolo fu aggiunta la dedicazione a S. Giacomo Maggiore Apostolo, in analogia al monastero benedettino di Pontida, di cui era diventata una dipendenza fra il XII e
il XV secolo. Clivone nel 1567 ci offre la sua prima descrizione. Dice che essa è satis pulchra et partim picta cioè gradevole d'aspetto e in parte dipinta. S. Carlo nel 1571 scriverà
"pulcherrima picta", cioè dipinti
bellissimi. Si trovavano sotto gli archi delle colonne dell'altare maggiore e probabilmente si estendevano fino ad abbellire buona parte dell'altare stesso. Questi affreschi erano stati conclusi il 1 luglio 1542 da un certo Paulus Sumensis, così come si leggeva in margine a tali dipinti. Quando nel 1759 questa chiesa fu demolita, Carlo Sangalli, che ne curò il progetto e i lavori, ricopiò l'iscrizione e ce la tramandò. Il testo riportava: "H. Opus Pinsit M. R. Paulus Sumensis Calendas Iulij MDXXXXII".
Lo stesso Sangalli affermò nella medesima circostanza che l'iscrizione si trovava sotto il "volto del coro de l'una parte, ove restava apogiato l'Architrave", mentre "de l'altra parte" esisteva ancora un'altra iscrizione, anch'essa scritta in latino e coeva della precedente, che recitava: "H. O. F. F. Cristoforus et Ambroxius de Brambilla Fratribus III idus iulij M.D.XXXXII"

Verecondo

Dalle Confessioni sappiamo che Verecondo era un cittadino milanese che esercitava la professione di grammatico. Probabilmente era un collega di Agostino con il quale intrattenne rapporti di grande intimità dettati dalla consuetudine e dalla familiare e quotidiana frequentazione.
Verecondo inoltre aveva amici comuni con Agostino, scelti fra quella cerchia di componenti della comunità africana, che gli diedero un indispensabile aiuto per il suo lavoro: fu Nebridio a diventare suo assistente cedendo alle insistenti sollecitazioni di Agostino. Racconta Agostino che "Verecondo desiderava vivamente, ce ne chiese in nome dell'amicizia, di avere dal nostro gruppo quell'aiuto fedele, di cui troppo mancava."
Agostino in un passo delle Confessioni tratteggia la personalità dell'amico, le sue inquietudini, i suoi desideri e ne loda la straordinaria generosità con una invoca-zione a Dio intensamente emotiva. Narra dunque Agostino che verso il 386 d. C. "la nostra fortuna consumava d'inquietudine Verecondo. Egli vedeva come, a causa dei vincoli tenacissimi che lo trattenevano, sarebbe rimasto escluso dalla nostra società. Non ancora cristiano, aveva una moglie credente, ma proprio costei era una catena al piede, che più di tutte le altre lo ritardava fuori dal cammino che avevamo intrapreso. D'altra parte diceva di voler rinunziare a farsi cristiano, se non poteva esserlo nel modo appunto che gli era precluso. Però si offrì molto generosamente di ospitarci per tutto il tempo che saremmo rimasti colà. Lo ricompenserai, Signore, con usura alla resurrezione dei giusti, come già lo ricompensasti concedendogli il loro stesso capitale. Noi, trasferiti ormai a Roma, eravamo assenti, quando, assalito nel corpo da una malattia, si fece cristiano e fedele, per poi migrare di questa vita. Fu da parte tua un atto di misericordia non soltanto nei suoi riguardi, ma anche nei nostri, poiché sarebbe stato un tormento intollerabile ripensare all'insigne generosità dell'amico verso di noi senza poterlo annoverare nel tuo gregge."

I Visconti, Malefici,Dante ed il donzello de Cassago

Al Trecento risale un curioso episodio che riguarda il paese di Cassago. Si tratta di una vicenda dai contorni fantastici e misteriosi, dove si aggrovigliano storie di avvelenamenti e di malefici. Tutta la storia fu raccontata e trascritta durante un processo ove deposero numerosi testimoni e i relativi atti sono oggi conservati nell'Archivio Vaticano. La ricostruzione degli avvenimenti parte dal 9 febbraio 1320 quando il chierico milanese Bartolomeo Cagnolato testimoniò davanti alla Curia papale, che risiedeva ad Avignone, che Matteo Visconti l'aveva istigato a compiere un veneficio contro papa Giovanni XXII usando una statuina.
Nella prima deposizione il Cagnolato riferì che dopo il primo abboccamento nell'ottobre 1319 aveva avuto ancora altri contatti a più riprese con il Visconti, che in quel tempo era acerrimo nemico del papa. Nella seconda deposizione dell'11 settembre 1320 lo stesso Cagnolato documentò il successivo sviluppo della vicenda, ove entra in scena un giovane nativo o originario di Cassago.
Il Cagnolato in effetti dichiarò che dopo il suo ritorno a Milano nel marzo del 1320 con alcuni suoi famigli per sbrigare affari che lo interessavano in città, venne affrontato da un tale Bertramino Prandebon e da un certo Cassago o da Cassago, donzello di Matteo Visconti.
Il Prandebon e questo nostro da Cassago lo accusarono e lo fecero gettare in carcere dato
che sospettavano il suo doppio gioco. Durante i 42 giorni di prigionia il Cagnolato subì diverse torture, ma inutilmente, tanto che Giangaleazzo Visconti lo convocò per ordinargli di approntare un veneficio contro il papa.
Il Cagnolato accettò ed ottenuti denari e statuina, ritornò ad Avignone.
Nella deposizione che rese, lo stesso dichiarò che se lui non avesse accettato c'era già pronto a sostituirlo un certo Dante Alighieri di Firenze ....

Il Palazzo Pirovano-Visconti

Il Palazzo e i possedimenti annessi furono chiamati a lungo con il termine di Possessione della Torre, sicuramente a ricordo di una torre che sorgeva sulla sommità del colle di Cassago, di cui ha notizia nel 1409. Una sentenza milanese parla esplicitamente di un campo detto "della torre": petia una campi ... iacens in dicto territorio de Cassago ubi dicitur post turrim .."
Nel 1479 i fratelli De Benedictis ripararono e fortificarono gli edifici esistenti. Il Palazzo passò ai Delfinoni e quindi ai nobili Pirovano. E' a questa famiglia che appartiene il mitico duca Piroeula delle leggende popolari cassaghesi. L'ultima erede, la marchesa Giovanna Pirovano, moglie del conte Antonio Modrone, ha una figlia, Teresa, che sposa nel 1684 il conte Nicolò Visconti, che discendeva dalla famiglia milanese che aveva governato Milano nel medioevo. Con lei il Palazzo di Cassago assume una nuova destinazione: diventa una vera e propria lussuosa villa. E' lei che apre un'entrata monumentale al Parco e alla villa nel 1704 erigendo un maestoso Rastrello con la scritta M. T. V. C. E' ancora lei a far erigere le arcate chiamate oggi impropriamente "stalle" dei ruderi. E sempre lei è infine nel 1688 a ristrutturare la villa con un nuovo monumentale scalone.

Il Castro Medioevale

Nell'anno 854 Cassago è possesso di Agemundo e del figlio Gaiderisso longobardi. Una pergamena del 1162 di Federico Barbarossa attesta che furono i nobili de Raude con il monastero di Civate, entrambi di fede imperiale, ad avere la signoria sul Castro di Cassago. Il castro
passò al monastero di Pontida e nel 1286 castaldo, cioè governatore, è un certo frate Zanebello. Ancora nel 1348 gli uomini di Cassago "protestano", cioè accettano, la Signoria del monastero di Pontida. Nel 1386 governatori del castro sono i nobili de Casternago che amministrano la cosiddetta "Possessione di Cassago." Nel 1397 a Cassago officiava un certo "presbiter dominus Iohannes de Tabiago beneficiallis ecclesiae Sancti Iohannis de Biolzago et rector ecclesie sancte Marie loci de Cassago ...".
Nella prima metà del Quattrocento qui viveva la nobile famiglia Nava, che aveva familiari anche a Mantova: risiedeva in una casa da Nobile che corrisponde alla vecchia canonica parrocchiale, oggi sede della Associazione S. Agostino. Nel castro viveva anche un certo Leo da Perego nobile, nella cui abitazione nel 1442 si svolse una pubblica assemblea cui parteciparono tutti i cittadini del luogo. Con la sconfitta di Milano,
dalla bergamasca molti passarono l'Adda: pure Cassago ne prese alcuni fra i quali i Brambilla, bravi lavoratori tessili e fabbri, da cui discende don Antonio Brambilla (1530-1610), il primo parroco del paese.