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Dal 2005, in Italia, si celebra il Giorno del Ricordo, in memoria delle migliaia di persone torturate, assassinate e gettate nelle foibe (le fenditure carsiche usate come fosse comuni per l'occultamento dei cadaveri) o imprigionate in campi di concentramento da parte delle milizie della Jugoslavia di Tito alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

In questa giornata poniamo l'attenzione su due parole: memoria e ricordo.

La prima è collegata alla mente, ne è una facoltà, raccoglie e cataloga i dati; è utile per scrivere la storia di questi uomini attraverso documenti (scritti, diari e fotografie). “Ricordo”, invece, è una parola che, etimologicamente, deriva da “cuore” (“riportare al cuore”): è legata alle emozioni, ai sentimenti; è qualcosa di intimo. È proprio partendo dalla parola “ricordo” che, oggi, desideriamo onorare le vite di queste persone ingiustamente uccise, cercando di ricostruire e di “riportare al cuore”, attraverso l'immaginazione e le emozioni, le peculiarità di ciascuna di esse in modo che possano collocarsi in una posizione unica e sublime della nostra memoria.